Nelle attività delle “Navigazioni in Corso” con bambini dagli 8 ai 10 anni, ho rilevato l’importanza dell’intuito e della curiosità durante l’attività “dei perché e dei motivi dei perché”, due assetti emozionali che permettono di collegare l’osservazione e la manipolazione dei materiali alla modalità dell’essere inconscio della mente nella bi-logica a bassa logica aristotelica, e così, arrivando alla costruzione del pensiero emozionato su ciò che sta accadendo. L’intuizione legata alla fisicità, non parla di se stessa, è se stessa, ed intuire è mettersi in contatto diretto con ciò che accade nella dimensione significante esterna e nel personale significato emozionale interno. Quest’approccio emozionale, ha bisogno contemporaneamente della curiosità, curiosità che mette nella condizione di desiderare d’esplorare.
Parole chiave: Intuito, curiosità, desiderio, realtà, sperimentare, bi-logica.
L’esperimento della Terza Onda
(The Third Wave) fu un esperimento sociale condotto nel 1967 da Ron Jones, un insegnante di storia della Cubberley High School a Palo Alto, California. L'obiettivo era mostrare agli studenti come i regimi totalitari possano prendere piede anche in una società democratica, dimostrando come le persone possano essere facilmente influenzate dall'autorità e dalla disciplina di gruppo.
Jones ideò l’esperimento per spiegare ai suoi studenti perché molti cittadini tedeschi avessero accettato il nazismo senza opporsi. Poiché le sue spiegazioni teoriche non sembravano sufficienti, decise di dimostrarlo con un esperimento pratico.
L’esperimento durò solo cinque giorni:
L’esperimento ebbe un impatto profondo sugli studenti, molti dei quali rimasero scioccati nel rendersi conto di quanto fossero stati coinvolti. L’evento divenne famoso ed è stato raccontato in diversi libri, documentari e film, tra cui il film tedesco L’onda (Die Welle, 2008).
L’esperimento della Terza Onda dimostra quanto sia facile per gli individui conformarsi a un'ideologia totalitaria se viene presentata con disciplina, identità di gruppo e una causa comune.
Vuoi approfondire qualche aspetto in particolare?
L’esperimento di Rosenhan, condotto dallo psicologo David Rosenhan nel 1973, fu un’indagine rivoluzionaria sulla diagnosi psichiatrica e sul funzionamento degli ospedali psichiatrici.
Rosenhan era interessato a verificare l'affidabilità della diagnosi di malattie mentali e il modo in cui il contesto influisce sulla percezione dei medici. Si chiedeva: i professionisti della salute mentale sono realmente in grado di distinguere chi è malato da chi non lo è?
Per rispondere a questa domanda, ideò un esperimento in cui lui e altri sette volontari (psicologi, studenti, un pittore e una casalinga) si sarebbero finti pazienti per essere ricoverati in ospedali psichiatrici.
Gli otto pseudopazienti andarono in diversi ospedali degli Stati Uniti e, al colloquio iniziale, dissero di sentire delle voci nella testa che pronunciavano parole vaghe come "vuoto", "sordo" e "tonfo". Questa era l'unica bugia che dissero.
Una volta ricoverati, iniziarono a comportarsi normalmente, dicendo di sentirsi bene e che i sintomi erano spariti.
Nonostante il loro comportamento del tutto normale, nessun medico si accorse che erano sani. Tutti tranne uno furono diagnosticati con schizofrenia (uno con disturbo bipolare) e rimasero ricoverati per un periodo che variava da 7 a 52 giorni.
Gli operatori sanitari interpretavano ogni comportamento in base alla loro diagnosi. Ad esempio:
Nessuno dei pazienti fu scoperto come impostore, ma furono dimessi con la diagnosi di "schizofrenia in remissione", rafforzando l'idea che una volta etichettati come malati mentali, non si potesse tornare a essere considerati completamente sani.
L’esperimento dimostrò che il contesto e i pregiudizi influenzano la diagnosi psichiatrica e mise in luce:
Dopo la pubblicazione dello studio nel 1973 (On Being Sane in Insane Places), ci furono grandi critiche alla psichiatria, contribuendo alla chiusura di molti manicomi e allo sviluppo di trattamenti più umani.